———————— Presentano: ————————
Doppio appuntamento all’insegna del jazz al Cantiere San Bernardo
::-::-::-::-::-::-::-::-:: SABATO 4 FEBBRAIO ::-::-::-::-::-::-::-::-::
>>> Ore 21.30 spettacolo concerto
> Caserio un fiore per cantare al vento – canzone d’amore anarchia e libertà
>>> Ore 22.30 Nuda Radice
> Concerto per trio jazz e live electronics
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:: Caserio, un fiore per cantare al vento, spettacolo ideato da Marco Fagioli, con musiche originali e arrangiamenti musicali dal repertorio
della canzone popolare. È un racconto musicale in cui si intrecciano
numerosi ingredienti stilistici, dando vita a un quadro dai colori
variegati e cangianti, in cui canti, melodie popolari, frammenti di musiche e di parole poetiche, si intrecciano e si sciolgono, si fondono e si scompongono con l’andamento di un racconto a più voci. Racconto in cui coesistono componenti diverse, eco lontane nel tempo e nello spazio e che affondano le proprie radici sia nella musica popolare toscana e nella tradizione orale di protesta, sia nella musica dell’America di C. Mingus, il quale aveva scritto musiche e testi affrontando il tema del razzismo e sfruttamento del lavoro, canti blues dal contenuto fortemente sociale, accompagnati da musiche ricche di poliritmie e di momenti di improvvisazione.
Anche nello spettacolo Un Fiore per Cantare al Vento ci sono momenti dedicati all’improvvisazione, in cui le diverse voci che compongono il racconto dialogano tra loro, muovendosi tra sonorità che evocano luoghi distanti, ma che si ritrovano nel medesimo messaggio: così, da un tappeto sonoro dalla trama jazz o blues, si insinua una melodia di E. Satie; così la voce della poetessa narra il testo di Alexandra Devid: Elogio alla vita, e il canto in ottava rima, tra improvvisazioni jazz e ritmi afro; così si incontrano la tradizione orale di protesta e la tradizione colta europea, in una successione di richiami a luoghi ed epoche apparentemente lontani tra loro, ma che guardando bene possono essere molto vicini: nascono infatti da un afflato comune, affrontando temi spesso tragicamente attuali, che parlano di ingiustizia sociale, di lavoro, di emigrazione e sfruttamento. L’essere umano possiede la facoltà di esprimersi attraverso la musica, che diventa messaggio, memoria, comunità, in ogni parte del mondo e in qualsiasi epoca. Lo spettacolo del Caserio tiene stretto quel filo di cui è tessuta la tradizione orale di mezzo mondo, che ritrova nella voce degli oppressi e nella sua trasmissione il senso di esistere, arricchendolo con influenze musicali di diverse origini, dal jazz alla musica euro-colta.
Inoltre, nello spettacolo si intrecciano componenti e voci diverse anche grazie all’età anagrafica delle persone coinvolte sul palco, sei individui e quattro differenti generazioni: ogni voce, con le proprie peculiarità, apporta un ingrediente diverso.
Le canzoni che si susseguono, alternate da momenti musicali e recitati, hanno in comune il tema della protesta, della lotta agli oppressori, della giustizia sociale. Sono canti che custodiscono una memoria importante: a partire da fine Ottocento, percorrono la storia di Sante Caserio, dei lavoratori che morivano nelle Maremme, delle grandi emigrazioni degli italiani verso nord, fino a cantare gli anni di Piombo e tutto il Novecento.
Marco Fagioli: C. Basso, tuba, trombone, flicorno, basso elettrico e voce.
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:: Ore 22,30
NUDA RADICE
Concerto per trio Jazz e live electronics.
music:
Marcus Bostik-Franco Bertini.
MarcoFagioli: contrabbasso, electric bass, tuba, trombone, flicorno.
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Genova – New York – Rio de Janeiro – Buenos Aires – Valdottavo
Il baule era l’oggetto di “partenza”. Sembra un gioco di parole. Marco mi aveva chiesto una locandina che dovesse tener conto dell’elemento centrale del suo spettacolo NUDA RADICE: il baule. Ho abbandonato presto l’idea di utilizzare l’immagine di un baule (ho anche provato a ricostruirne la geometria con le lettere NUDA RADICE) e quindi ho cercato di concentrarmi sull’individuazione di una parte per il tutto: es. il cartellino di cartone legato alla maniglia della valigia (baule) con uno spago. Sarebbe stata una superficie ideale per scrivere tutti i dati del concerto: chi, come, dove, quando, quanto, ecc.. Ma lo scopo principale dello spettacolo di Marco è raccontare storie di viaggio: di partenze e ritorni. Ricordi.
Poi ho cercato le mappe delle rotte navali più seguite durante l’emigrazione dall’Italia tra fine ottocento e primi del novecento. Ma non ho trovato mappe graficamente interessanti oppure facilmente adattabili alle funzioni d’informazione di una locandina. Ho anche cercato biglietti d’imbarco d’epoca sempre per seguire la regola della parte per il tutto, e il tutto non è il baule ma il viaggio. Anche il baule è utilizzato da Marco come parte per il tutto. E ho letto sommariamente “Il manuale dell’emigrante” (poche pagine) redatto dal Regno d’Italia. Continuando a cercare ho scoperto che la compagnia di navigazione più importante tra i due secoli era la Navigazione Generale Italiana (“compagnia di navigazione costituita nel 1881 dalla fusione della compagnia Flotte Riunite Florio di Palermo e della Compagnia Rubattino di Genova, assorbita nel 1932 da Italia Flotte Riunite” – tratto da Wikipedia. La compagnia NGI (Navigazione Generale Italiana) risentirà della crisi del 1929 e finirà di fatto nell’IRI che nacque nel 1933 come ente “temporaneo” (sappiamo quanto è durato) con lo scopo prettamente di salvataggio delle banche e delle aziende a loro connesse.). Già dalla carta intestata la NGI risultava interessante e quindi ho continuato a cercare altri documenti relativi fino a trovare il francobollo che ho utilizzato per la locandina. Il mio lavoro è consistito solo nel trovare un modello grafico. L’immagine che ho trovato è molto piccola (una piccola icona su ebay) ma con una buona risoluzione che mi ha permesso di ingrandirla. Il lavoro grafico è consistito nel ricostruire lo sfondo rosso e cercare un font allungato (e free) per utilizzare al meglio l’area di scrittura a disposizione. Il testo è ritagliato sul fondo beige del bordo e poi sfumato per renderlo più “autentico”. Ma in realtà non si tratta esattamente di un francobollo ma di un bollo chiudilettera altrimenti detto (scusate il termine) erinnofilo. Il bollo chiudilettera utilizzato come modello aveva uno scopo commerciale e pubblicizzava solo la prima classe che consisteva sempre in appena un decimo dell’intera capienza delle navi da crociera (2000/2500 passeggeri) rappresentando la terza classe l’obbiettivo commerciale primario. Da Wikipedia: “L’erinnofilia è il collezionismo di bolli chiudilettera del tutto simili ai francobolli tranne per il fatto che non hanno, di solito, valore né postale né fiscale. Molto probabilmente la loro origine si deve all’uso di applicare sul lembo della lettera un’etichetta chiudilettera, sistema che alla metà dell’800 cominciò a sostituire i sigilli di ceralacca. Ma il termine “bollo chiudilettera” appare limitativo nel descrivere un oggetto che per quasi 100 anni è stato un importante veicolo di storia, cultura, arte e tradizioni in tutti i Paesi del Mondo. Non è un caso che il termine “erinnofilia” derivi dal tedesco Erinne (rungsmarke) che significa “(francobollo) commemorativo”. Quello di ricordare è stata infatti la vocazione principale dei “bolli chiudilettera”: commemorare un evento passato, annunciare un evento futuro o anche ricordare come propaganda.” E lo spettacolo di Marco è uno spettacolo sul ricordo, e si ricorda (cor, cordis) con il cuore anche se si dimentica con la mente
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