l' Un-tà-tà :: il periodico che si arrotola ::

+ :: E' MORTO LUZZATI :: +


>> GENOVA - E' morto questa sera a Genova Emanuele Luzzati, 85 anni, scenografo teatrale e disegnatore, uno degli artisti più ammirati in Italia. L'artista è morto a casa sua, colpito da un malore improvviso. Emanuele Luzzati avrebbe dovuto ricevere domani il Grifo d'oro, il massimo riconoscimento del Comune di Genova che il sindaco Giuseppe Pericu aveva deciso di assegnargli in occasione delle celebrazioni per il Giorno della memoria.
...

COSSIGA SUL 77 (dal Corriere della Sera)

Notizia dal Corriere della Sera :: di Aldo Cazzullo


«Non rimanderei i blindati in piazza
Molti autonomi finirono nelle Br
»
Come al solito: Che dire?..Bravo!
Oppure.. no! Comunque l'intervista è uno spasso

Cossiga: «Con quell'intervento ho stroncato il movimento ma spinto le teste calde verso la violenza armata».

ROMAPresidente Cossiga, nel suo libro 1977 Lucia Annunziata la chiama Dottor Stranamore, e la accusa di aver «fatto dello scontro politico una sfida personale con il movimento»....

IL RAGNO E LA TELA


+ + + E' morto l'Abbè Pierre + + +
abbe pierre

Popolarissimo in Francia quasi sconosciuto in Italia.
Un prete attivissimo nella resistenza armata contro il nazismo. s'è poi distinto nel dopoguerra per la sua lotta contro l'esclusione sociale e in solidarietà ai senzatetto e agli sfollati d'ogni genere.
Domanda:
cosa ci fa l'abbè Pierre nei resoconti stenografici della commissione bicamerale del parlamento italiano che indagò sul caso Moro?
Dietrologia complottista o luce nelle tenebre?
Aggiornatevi e scoprite l'arcano:

>> www.parlamento.it/../steno50.


Non per fare i dietrologi ma queste parole del senatore Pellegrino non sono male per niente.
Eccole:

Presidente - "Di queste cose noi avevamo notizia. Personalmente mi è capitato di leggere alcuni documenti intorno alla vicenda di "Corto Maltese", ecco perché non ho mai dubitato e non ho trovato sorprendenti né le carte cecoslovacche, né quelle del dossier Mitrokhin. Infatti, non ho mai creduto all’idea che le Brigate rosse fossero il cubo di acciaio impermeabile di cui parlava Gallinari; penso comunque che le Brigate rosse siano state un fenomeno italiano; che fossero rosse ed anche che i comunicati se li scrivessero da soli perché non avevano bisogno che venissero scritti in russo per poi farseli tradurre in italiano. Tuttavia, sono convinto che almeno alcuni degli uomini delle Brigate rosse avessero una serie di rapporti …"
>> ..continua su: www.parlamento.it/../steno58.

(senatore Pellegrino)


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+ + + ABBE' PIERRE... LATO SCURO D'UN BRAVUOMO? + + +
un paese anormale

Un'Opinione di Becce su:
(...)

FELTRINELLI E IL FILM INSABBIATO


ll Manifesto :: Giovedì 18 gennaio 2007
FELTRINELLI”, IL FILM INVISIBILE :: di Cristina Piccino.

>> Un successo allo scorso Festival di Locarno, in onda su Arte, richiesto nei festival, il documentario di Alessandro Rossetto sulla casa editrice e sul suo fondatore è “oscurato in Italia per scelta della produzione italiana, ovvero gli stessi editori".


Roma - La proiezione pubblica, allo scorso Festival di Locarno, è stata un successo tanto che, ci dice non senza orgoglio il regista, hanno messo in cartellone diverse repliche straordinarie. I coproduttori svizzeri e tedeschi, Arte e le altre televisioni svizzere che lo hanno finanziato erano molto soddisfatti. Arte sul canale franco/tedesco lo ha mandato in onda lo scorso 26 dicembre, sia in Svizzera che in Germania preparano l’uscita in sala e in dvd, intanto Feltrinelli sarà al prossimo festival di Solothurn (apre il 22).
Giustissimo, infatti è un bel film, maneggia il suo soggetto con piglio lucido, e una ricerca che scommette su punti di vista differenziati. Alessandro Rossetto, che ne firma la regia, accorda il soggetto alla sua sensibilità di documentarista «impuro» (lo conosciamo per Chiusura e Bilione Bye Bye One), e partendo da una storia lavora per moltiplicarne le letture, sposta continuamente il piano d’osservazione, spalanca nuove conoscenze, interrogativi crescenti, ricerca. In Italia però Feltrinelli resta invisibile. Non è stato dato ai numerosi festival che lo hanno richiesto, non si prevede una distribuzione in sala o televisiva rimandando all’ipotesi abbastanza vaga di un «uso interno», una presentazione nello stesso momento in più librerie. Una situazione piuttosto paradossale se si pensa che la produzione italiana è l’Eskimosa film (ha tra i suoi prossimi titoli Cappuccino a Ramallah di Michel Khleifi e We believed, ancora provvisorio, di Mario Martone) di Carlo Cresto-Dina che fa parte proprio del gruppo editoriale Feltrinelli. Dunque? Quale è il mistero? Carlo Cresto-Dina ha rivendicato (alla radio, nel corso di Hollywood Party) la strategia di una sola circolazione all’estero. Ancora più paradossale visto appunto che si racconta una storia italiana, Giangiacomo Feltrinelli, la sua vita e la sua militanza politica fino alla morte sul traliccio di Segrate il 14 marzo 1972 mentre preparava una bomba, e della casa editrice da lui fondata che negli anni si è affermata come una potenza culturale e economica. Cosa è allora che preoccupa la stessa Feltrinelli al punto da «oscurare» il suo prodotto? Forse il modo in cui Rossetto ripercorre l’intera vita e le scelte rivoluzionarie dell’editore pure se poi Feltrinelli non è la sua biografia. Nè tantomeno è un’«agiografia» della casa editrice, anche se il progetto nasce in occasione dei cinquant’anni. Racconta Rossetto: «Il titolo in lavorazione era Il mestiere di fare libri, si parlava della figura di Giangiacomo ma anche di Carlo e in genere del mondo dell’editoria ... In risposta ho proposto un lavoro centrato su due librerie Feltrinelli, quella di Napoli che è un porto di mare, e un’altra a Bari. Il film dei cinquant’anni è passato a qualcun altro, non si sono trovati, e così lo hanno proposto a me. Ho subito chiesto una coproduzione, non volevo che sembrasse un lavoro ’su commissione’, e mi sembrava giusto anche nell’interesse della Feltrinelli. Ho lavorato insieme a loro in stretto contatto, rendendomi disponibile coi coproduttori stranieri anche a piccole negoziazioni si stile che rendessero il tutto più fruibile a un pubblico non italiano. Comunque rivendico assolutamente questo film».
Certo è che quegli anni, nel caso un periodo che va dal 1956 ai primi anni Settanta, con radici che affondano nella Resistenza, nel nostro paese si preferisce che restino oscuri, o meglio oscurati (ce ne sono voluti voluti ventisei per far cadere in prescrizione la condanna a Oreste Scalzone, ieri) da quell’opera di rimozione, fastidio, uso strumentale privo di memoria e consapevolezza storica che ne trasmettono il racconto a «senso unico» (terrorismo) cancellando la potenza di un movimento, e soprattutto i legami sempre attuali (e irrisolti) col presente. Rossetto invece la storia di Feltrinelli, grazie anche a magnifici materiali d’archivio montati con sapiente senso del contemporaneo da Jacopo Quadri, la declina al presente. Intesse i dettagli all’epoca in cui accade, gli anni italiani e internazionali prima e dopo quel 14 marzo 1972, il «privato» e il tempo di un uomo, Giangiacomo Feltrinelli che ci dice la voce off nasce da un delle famiglie più ricche d’Europa, a quattordici anni è già coi partigiani, nel 1944 si iscrive al partito comunista ma sempre da eretico, nel 55 fonda la casa editrice il cui primo successo sarà Il dottor Zivago pubblicato nonostante il divieto di Togliatti. Una scelta che lo costringe a uscire dal partito. C’è l’incontro con Inge Schoental, «amore a prima vista», ci sono i loro viaggi nel mondo cercando scrittori e talenti con passione, Blixen, Grass, Marquez. Le librerie sono luoghi di performance, si leggono testicensurati (basta guardare le fotografie bellissime di happening col Gruppo 63), si discute. Però sono anche gli anni delle prime bombe, per piazza Fontana finiscono in galera Valpreda e gli anarchici, dei golpe nel mondo, dei colonnelli in Grecia. Feltrinelli come altri teme un colpo di stato fascista in Italia. E non è il solo, la lotta diventa esce dai confini, , si vede Feltrinelli con Fidel che gli dice come si fanno le lasagne, Regis Debray che dice di Feltrinelli in Bolivia. Un rivoluzionario è caduto titolò Potere operaio il giorno della sua morte. La Storia, e non solo quella di Feltrinelli, specie nei fuoricampo è tutta qui. E si mescola al «dopo», il lavoro della Feltrinelli, la costruzione di un’impresa che diviene enorme. Gli incontri con gli scrittori, Doris Lessing e Amos Oz, le negoziazioni dei diritti, il lavoro di Carlo Feltrinelli, figlio di Giangiacomo, e dell’editor Alberto Rollo, quel «mestiere di fare libri» che diceva Rossetto. Se fosse questo invece a infastidire di più? Entrare nel «rituale» del lavoro quotidiano senza mitologie, mostrarne il farsi fuori dall’immagine di superficie. Ruoli, competenze, scelte. Ci racconta ancora Rossetto che parecchi ragazzi giovani, nelle proiezioni all’estero, lo hanno ringraziato per avergli fatto conoscere una storia di cui non sapevano nulla. Ma fuori dai nostri confini c’è anche l’abitudine a un «cinema di realtà» che non sia solo il servizio in televisione, il braccio di ferro noiosissimo di chi grida più forte o il film appiattito sul suo soggetto che basta da sé a giustificarlo. È un documentario di messinscena, a taglio obliquo, che pratica Rossetto. Senza stigmatizzare «verità» ma producendone una possibile scintilla al di là delle sue stesse immagini. Feltrinelli è quanto ognuno ha voglia di prendersi: l’avventura di un modo di fare cultura e un’utopia politica senza la quale non sarebbe stata possibile. Non farlo vedere in questa prospettiva è un gesto incomprensibile.


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> > > Il film sui Feltrinelli che la Feltrinelli nega agli italiani < < <
Posted on January 16th, 2007 :: by Nicola Lagioia.

>> Non è mai tardi per una gita a Chiasso. Sembra bizzarro nel 2007, ma il monito con cui Alberto Arbasino sbeffeggiava gli intellettuali del Ventennio – i quali, anziché piangersi addosso, avrebbero potuto varcare il confine con la Svizzera e acquistare tutti i “libri proibiti” e dunque rimettersi in carreggiata – ha ancora una sua qualche utilità. Solo che in questo caso non si tratta di acquistare libri ma di vedere un film documentario. Precisamente un lungometraggio sulla Feltrinelli. Un lungometraggio di co-produzione europea, nato su iniziativa e co-prodotto dalla stessa Feltrinelli, e presentato con successo al festival internazionale di Locarno, molto apprezzato da personaggi come Bernardo Bertolucci, mandato in onda dal canale televisivo franco-tedesco Arte, pronto a venire proiettato il prossimo 23 gennaio al Solothurn Film Festival, ancora in terra elvetica, e però mai apparso o presentato in Italia. E come mai? Secondo Alessandro Rossetto, il regista del film, ci sarebbe una ferma volontà da parte della Feltrinelli, titolare dei diritti italiani sul lungometraggio, di non farlo circolare qui da noi. A sua volta Carlo Cresto-Dina della Eskimosa (casa di produzione cinematografica del Gruppo Feltrinelli) ha sostenuto a più riprese che il film non sarebbe stato pensato per il pubblico italiano, anzi no, la produzione trova insoddisfacente il risultato raggiunto da Rossetto, anzi no, si tratta di un buon film e si sta già pensando a un lancio in Italia. In attesa che l’ambigua cortina di gelo tra il committente e il suo autore si sciolga, se mai lo farà, e senza poter spendere una parola definitiva sui veri motivi di questo embargo rovesciato, si può dire per adesso che è un vero peccato per il pubblico italiano non poter vedere il film. Perché grazie al cielo non si tratta di un’agiografia e soprattutto perché, se esiste un gruppo editoriale che più di altri riflette nella propria storia l’evoluzione dell’intero sitema culturale italiano – punti di forza e grandi contraddizioni comprese – si tratta proprio della Feltrinelli. (...)

IL CARPA SULLE CANNE


Francesco Carpini parla di droghe leggere: finalmente
Da www.sprofondamente.splinder.com
>> Le droghe leggere è un argomento che ho affrontato spesso con gli spiritualisti di destra, evoliani o meno, uscendone sempre abbastanza malconcio. Difficile sostenere una posizione coerente... e gli esonazisti menano duro, anche a parole ve lo assicuro! La droga fa male, rimbecillisce e "svirilisce", questo è un fatto. Lo sappiamo tutti noi che ne abbiamo fatto un uso pantagruelico per interi decenni. Sappiamo come la droga "leggera" fiacchi la volontà... o per meglio dire de-tosteronizzi ecco. Ti sgonfia un po'. Ti lima le esaltazioni e le unilateralità, ti piega. Ora l'interlocutore esodestrorso ha tutte le ragioni del mondo quando si inalbera con le lobby politico culturali che propugnano questa tolleranzina culturalmente compiacente e giustamente pretenderebbe per la gioventù una educazione "sana" e dei modelli se non proprio littori almeno clinicamente validi! (a href="http://www.cantieresanbernardo.it/node/556">...)

BATTIATO A PISA. UNA COSA NORMALE, DALLE PARTI DI DIO.


=:=:=:=:=:=:=:=:=:=:=:=:=: venerdì 19 gennaio 2007 :=:=:=:=:=:=:=:=:=:=:=:=:=
Scuola Normale di Pisa, Franco Battiato cineasta, I Venerdì del Direttore

battiato

Franco Battiato sarà a Pisa ospite de I Venerdì del Direttore della Scuola Normale Superiore, venerdì 19 gennaio alle ore 17, nell’aula Bianchi del Palazzo della Carovana in Piazza dei Cavalieri.
Il primo appuntamento del 2007 del ciclo di incontri I Venerdì del Direttore sarà dedicato al cinema come scelta linguistica e Battiato sarà protagonista..

Licio Gelli Conte. A cena con poveri e Regi ::


L'icona di fine II° millennio di questa italietta, il mirabile situazionista Licio Gelli fa, anche oggi, parlare di se. Lo fanno Dagospia.com ed il quotidiano l'Unità. Il primo vede il Gelli a cena con sua maestà re Umberto. Il secondo vede Gelli invischiato in un giro di pranzo per poveri in una parrocchia di Arezzo. Noi abbiamo capito che ovunque vada Licio, la c'è da mangiare.

:: siamo ragazzi di oggi. Pensiamo sempre all'America ::


notizia del Corriere della sera di mer. 20//12//06.
+ + + Negli Usa marijuana più redditizia del grano + + +
Il totale del raccolto ha un valore di circa 36 miliardi di dollari, il doppio rispetto a quello dei cereali. Il record è della California.
WASHINGTON (Stati Uniti) - Un recente studio riportato dal sito scientifico drugscience.org e ripreso dal quotidiano britannico The Guardian, dimostra che gli Usa sono diventati i principali produttori di marijuana nel mondo, avendo visto la propria produzione interna decuplicarsi negli ultimi venticinque anni. DrugScience.org, organizzazione che si occupa dell'uso terapeutico della cannabis e delle questioni legali a essa inerenti, ha quantificato l'ultimo raccolto annuale in dieci mila tonnellate, per un valore di 35.8 miliardi di dollari (circa 27 miliardi di euro), mentre la produzione di grano vale 17 miliardi di euro, quella di soia 12 e quella di fieno 9.

LA PRODUZIONE - Quello di marijuana è il raccolto economicamente più remunerativo in ben dodici stati e arricchisce la Georgia assai più delle noccioline, mentre nella Carolina del Sud e del Nord ha spodestato il tabacco dal trono della coltivazione più ricca. Ovvio e scontato che lo stato americano che detiene il record per la maggior produzione di cannabis sia l'anticonformista California, che chiude l'anno con un raccolto del valore di circa 10 miliardi di euro. Proprio una città dello Stato del Sole, Santa Cruz, è la prima in America ad aver creato un ufficio comunale con il compito di somministrare marijuana a scopo terapeutico. L'amministrazione della città californiana si è inoltre impegnata a combattere per difendere il diritto del comune a controllare l'uso della droga contro il governo federale che intende sottrarglielo.

LA STORIA - Non bisogna dimenticare che la coltivazione di marijuana e più in generale di canapa fu una delle più grandi risorse agricole statunitensi fino al 1929, anno in cui venne definitivamente proibita. Jack Herer, noto paladino della cannabis, nel suo libro The Emperor wears no clothes sostiene che a determinare il divieto non fu la preoccupazione del governo per i danni che potevano patire i giovani americani, bensì i grandi interessi economici di chi iniziava allora a produrre materiali plastici dal carbone e dal petrolio e ammodernava la produzione di carta dal legno.

OGGI - La causa principale di questo vero e proprio boom agricolo va cercata nell'inasprimento dei controlli lungo i confini con il Messico, in seguito alle norme anti-terrorismo post 11 settembre. Questa nuova situazione ha consigliato ai coltivatori messicani di trasferire le proprie piantagioni negli States, anziché rischiare trasporti decisamente pericolosi oltre confine. La conclusione alla quale giunge l'inchiesta di DrugScience.org è che la guerra alla droga non sta funzionando. La coltivazione illegale di erba genera forti guadagni sommersi, al riparo da qualunque tassazione ed è completamente esentata dal provvedere a risarcire la società dei costi sociali e fiscali dovuti all'uso e all'abuso di cannabis. La soluzione più logica alla quale giunge il presidente di DrugScience, Jon Gettman, sarebbe quella di legalizzare la marijuana e modificarne la classificazione che attualmente la vede equiparata all'eroina.


Emanuela Di Pasqua
20 dicembre 2006

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